Tridentum
TRENTO.
LA PENETRAZIONE ROMANA
L'ASPETTO POLITICO/MILITARE
Già dagli ultimi decenni del III secolo a.C. la nostra regione inizia ad entrare nell'area di influenza romana attraverso le relazioni commerciali con i Galli Cenomani. Questi infatti già nel 225 a.C. avevano stretto un patto federativo con i Romani, che viene poi ripetuto nel 197 a.C.
La conquista del Trentino Alto Adige da parte dei Romani procede poi gradualmente, a partire già dal II secolo a.C. Occupata la Pianura Padana i Romani si spinsero a Nord, penetrando nelle valli interne delle Alpi anche per rendere più sicuro il loro dominio. La conquista delle Alpi fu lunga e difficile.
Nel 118 a.C. i Romani guidati dal console Quinto Marzio Re, si scontrarono con gli Stoni, popolazione che abitava nel Trentino. Questi, sconfitti, preferirono farsi massacrare piuttosto che lasciarsi sottomettere.
Nel I secolo a.C. i Romani occuparono pacificamente la Val d'Adige e l'Anaunia (Val di Non). Trento gode del diritto latino concesso ai Galli Cenomani, fin dall' 89 a.C. Nel 49 a.C. è ammessa alla piena cittadinanza Romana e nel 30 a.C. la città diventa un
Municipium.
Nel 16 a.C. Augusto decide di organizzare una spedizione contro i Reti, guidata dai suoi figliastri Druso e Tiberio. Le Alpi orientali consentivano, grazie ai numerosi passi e valichi facilmente transitabili, un rapido spostamento delle truppe, necessario durante le campagne di conquista. Queste ragioni spingono Druso a partire nel 15 a.C. dal Trentino (che già si trovava sotto l'influenza romana ) per conquistare il versante meridionale delle Alpi. Arrivato nella conca di Bolzano, dove probabilmente fece costruire un ponte (Pons Drusi) con il suo esercito raggiunse passo Resia lungo la Val Venosta. Di questo avvenimento vi sono alcuni documenti scritti.
Nel monumento romano di Le Tourbiè, il Tropaeum Alpium, dove sono elencati i 44 popoli vinti o comunque inclusi nei confini dell'impero Romano durante le campagne militari tra il 25e il 14 a.C., compaiono anche i Venostes (abitanti nella zona della val Venosta) e gli Isarci (abitanti nella val d'Isarco o, come altri sostengono, nella val d'Adige, dal Burgraviato verso sud).
Anche alcuni storici romani parlano di questo avvenimento. Dione Cassio scrive: «In quel tempo medesimo i Reti, che hanno le loro sedi tra il Norico e la Gallia, nelle Alpi Tridentine che confinano con la Gallia, facendo delle frequenti scorrerie nella Gallia stessa, avevano depredato anche l'Italia e avevano molestato non poco i Romani e i loro alleati che viaggiavano per quelle regioni. Per tali iniquità, dunque, Augusto spedì contro costoro Druso con un esercito, il quale, venuto a battaglia con i Reti, che lo affrontarono alla periferia dei monti di Trento, li pose in rotta con una non difficile battaglia. Per tale vittoria Druso ottenne gli Onori pretori».
Plutarco riferisce: «Augusto, non potendo più tollerare le iniquità dei Reti, spedì contro di loro Druso che li sbaragliò presso Trento. Dopo di ciò, siccome i medesimi Reti, cacciati fuori d'Italia, cionostante infestavano la Gallia, Augusto mandò contro di essi Tiberio. Druso, pertanto, e insieme Tiberio, unitamente ai loro legati, essendo entrati per molti luoghi nella Rezia, e Tiberio essendovi anche penetrato con navigli per il Lago, atterrirono i barbari e dopo averli sconfitti e dispersi, diedero ad essi la caccia, in modo che, essendo le loro genti state sbaragliate con piccole scaramucce qua e là in diversi tempi, fu agevole per i Romani distruggerli interamente e ridurre in proprio potere quelli di loro che accidentalmente erano rimasti in vita, deboli per se medesimi e abbattuti d'animo.
Ma siccome la nazione dei Reti era assai numerosa e si temeva che essi avrebbero di nuovo tentato le sorti della guerra, Druso e Tiberio condussero via da quella Regione la più gran parte della gioventù e la più robusta, lasciandovi solamente un tale numero di abitanti che bastasse alla coltivazione dei campi e non avesse forze sufficienti per ribellarsi.