Revò sono molto simili
alle statue dell’Alto Adige documentate attualmente da 9
esemplari: 4 da Lagundo, 1 da Totschling, 1 da Velturno, 1da S.
Verena, 1 da Termeno e 1 da Laces. Si capisce quindi l’importanza
di questo rinvenimento che consente di estendere all’area
gardesana ed alla Valle di Non la cerchia di distribuzione di questo
particolare fenomeno.Il ritrovamento ad Arco di tali
reperti è del tutto casuale ed è scandito in tre tappe. La prima
al 31 ottobre 1989 segna il recupero nella discarica del signor
Chiarani presso Moletta Patone (Trento), fra i materiali di risulta
provenienti dagli scavi di fondazione del nuovo ospedale di Arco,
della statua stele più imponente del gruppo, denominata, in base
all’ordine di rinvenimento, Arco I. Il 5 gennaio del 1990, a circa
due mesi dal primo rinvenimento, la prosecuzione dei lavori portava
alla scoperta di altre tre statue stele (Arco II, III, IV). Le
ultime due (Arco V e Arco VI) vennnero recuperate nelle medesime
circostanze il 13 giugno dello stesso anno. Secondo le testimonianze
degli operai tutti i monumenti giacevano in un livello di alluvioni
ciottolose a ca. m 4 dal piano di campagna. Poco si può quindi dire
sulle condizioni della giacitura originaria. Secondo il direttore
del Museo Tridentino di Scienze il geologo Michele Lanzinger la loro
sede originaria non doveva essere molto distante dal luogo di
ritrovamento, Il volume di ciascuna di esse è infatti di gran lunga
superiore alle dimensioni dei ciottoli alluvionali in cui erano
inglobate. Gli esemplari di Arco mostrano un eccezionale stato di
conservazione. Decorati su tutti i lati, furono concepiti, come
quelli altoatesini, quali figure a tutto tondo per essere viste da
ogni angolatura spaziale. Tranne Arco I che è in
calcarenite-calcirudite locale gli altri esemplari sono tutti in
marmo, roccia assente nel territorio benacense salvo, eventualmente
sotto forma di massi morenici.
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