TRENTO - PALAZZO ALBERTI COLICO    right

a Trento

 

Proseguendo nella ricerca dei palazzi affrescati, oggi parlerò del Palazzo Alberti Colico che si trova in fondo   via Belenzani  

 

Il Palazzo Alberti Colico

Il Palazzo prende il nome dai conti Alberti Colico, che ne furono proprietari a partire dal 1657, per circa due secoli. Gli avvicendamenti di proprietà e i relativi interventi sono stati peraltro anzi numerosi e si riflettono sia nelle strutture architettoniche dell'edificio che, ancor più, nelle decorazioni in facciate che oggi risultano assai eterogenee ed addirittura intricate. Sulla base dell'analisi dello stato attuale e di diverse testimonianze possiamo a grandi linee ricostruirne le vicende. In origine si trattava di certo di due case, contigue ma ben distinte; l'ina a sud più grande e l'altra, a nord, più piccola. Della prima possiamo leggere agevolmente le posizioni delle aperture originali, poi accecate, messe in luce dai restauri compiuti fra le due guerre. 

 

Doveva essere una casa di  impianto trecentesco, un pò più bassa dell'attuale con al secondo piano tre monofore e al primo altrettanto ( o una trifora e una bifora ? ). Al pianterreno l'unica apertura era probabilmente il grande portale ad arco ribassato, nella parte sinistra del fronte. Gli stessi restauri hanno pure messo in luce i resti di una immagine sacra di incerta interpretazione nei quali appare dopo una trentina d'anni dopo i lavori,l'Ermet solo <<a fatica >> si intravedeva un' Annunciazione. La cornice di questa Annunciazione di forte sapore trecentesco si appoggiava sull'arco del portale. L'affrescatura quattrocentesca a pelte, o embrici, alternati rossi e verdi, anche se chiaramente successive e non totalmente coerente nei confronti delle strutture architettoniche, pure ne è rispettosa. Sul tutto spiccano 2 stemmi nobiliari entro ghirlanda, l'uno vistosamente più grande dell'altro. Il primo è d'argento al leone scaccato d'oro e d'azzurro, sul cimiero si ritrova il leone del campo nascente dalla corona; è lo stemma dei da Povo. Il secondo è d'oro alla fascia d'azzurro sormontato da un'aquila di nero, al volo spiegato, il cimiero ripete l'aquila dello scudo. La stretta 

facciata della casa attigua porta pure essa la tracce della sua origine gotica anche se non in maniera così palese come la precedente. Tutte le aperture attuali paiono essere state ottenute in rottura sul muro precedentemente affrescato. Vaste ridifiniture dell'inizio del secolo rendono peraltro impossibile allo stato attuale, lo studio preciso degli affreschi. A Cristoforo Madruzzo, estensore tralaltro, dello Statuto Trentino che si deve l'attuale impostazione architettonica del palazzo;  

 

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al secondo piano, sette monofore, al primo una trifora, una bifora con doppio balconcino traforato, due monofore e una bifora. Al pianterreno cinque finestroni rettangolari e, proprio sotto la trifora, il grande portale a bugna, nell'arco e nei piedritti, affiancato da una larga cornice in pietra che reca al centro lo syemma del Quetta. Il giglio, elemento centrale di quello stemma ( interzato in polo:nel primo di verde al giglio d'argento, nel secondo d'argento al giglio di rosso, nel terzo di rosso al giglio d'oro ) è presente anche in diversi capitelli delle finestre. Pure al Quetta dobbiamo la realizzazione dell'ampio e composito fascione affrescato nel sottogronda. Una data, 1532, indica il periodo di esecuzione se non di tutti, almeno di alcuni lavori. Tali presenze sia architettoniche che decorative unitarie, non riescono peraltro a imporsi sulle già notate preesistenze.       

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