|
Si
chiamavano "ciode" e venivano dal Cadore e dal
Bellunese, zone ancora più povere del 'Trentino. Erano donne
vigorose e anche belle, ma spesso piegate dalla fatica per i
lunghi viaggi a piedi attraverso i monti, cariche del pesante "zeston"
dentro il quale trasportavano mestoli e cucchiai, utensili di
legno e attrezzi per la cucina. Erano poveri oggetti,frutto
di lunghi lavori invernali nei masi e venivano smerciati casa
per casa, paese per paese, piazza per piazza attraverso una
capillare presenza ambulante che per qualche verso può essere
paragonata a quella dei "vu' cumprà ". Ma anche allora, nei
ricordi dei contemporanei, le "ciode" agli angoli delle strade o
sotto il tiglio di Piazza Duomo non comunicavano nulla di
pittoresco; costituivano piuttosto il segno di contraddizioni
sociali pesanti e non risolte, evidenziavano l'ingiustizia
della povertà. Qui le "ciode" del Cadore, con le loro pesanti
vesti a righe e il grande fazzoletto nero sulla testa, stanno
all'angolo di via Venezia proprio dietro Port'Aquila.
|
|