Indice Riferimento  ENIO HOME PAGE NEXT PAGE


 

  COSE E PERSONAGGI  ILLUSTRI DEL TRENTINO


LE SCULTURE CHE SONO STATE LORO DEDICATE

 

La strada che solitamente faccio alla scoperta della mia nuova città di adozione mi porta a incrociare monumenti dedicati dalla città a personaggi illustri del Trentino. Io da buon cronista mi soffermo a fotografare queste figure bronzee o le sculture che riportano o ricordano la loro grandezza.

"ALESSANDRO VITTORIA"



La piazza antistante le poste porta il nome di uno dei più grandi artisti trentini, lo scultore ed architetto Alessandro Vittoria. A questi nel terzo centenario della sua morte, il comune di Trento ha dedicato un bel monumento al centro della piazza omonima. L'artista vi è scolpito a tutta persona, vestito di una caratteristica palandrana con nella mano sinistra il mazzuolo dello scultore. La effigie a tutto tondo fa parte degli undici medaglioni di illustri personaggi trentini sulla facciata di casa Ranzi in Piazza S. Maria Maggiore.

 


 


"MARTINO MARTINI"
Busto bronzeo di Martino Martini nella raccolta piazzetta dell'antico borgo S. Croce a Trento

 

Martino Martini S.J. nasce a Trento il 20 settembre 1614 in una famiglia di mercanti. A 18 anni si trasferisce a Roma ed entra nel Collegio Romano (l'attuale Pontificia Università Gregoriana) per diventare gesuita. Nel marzo del 1640 salpa da Lisbona con 24 confratelli alla volta delle Indie orientali. Tocca in successione Goa, in India, e Macao, in Cina. Nell'ottobre 1643 si stabilisce ad Hangzhou, prov. Zhejiang, dove inizia la sua attività missionaria, mentre il Paese è sconvolto dalla guerra fra la dinastia autoctona dei Ming e quella tartara dei Qing. Questa statua si trova in via S. Croce. Egli volle "cinesizzarsi" sia adottando il nome cinese di <Wei Kuang-Ku> sia vestendo come un perfetto <mandarino>. Infatti Martini fu onorato dal sovrano del Celeste Impero con il titolo di "mandarino di prima classe". Il nome di Martini è legato in Cina, sopratutto alla regione del Chekiang e in special modo alla città di Hangschow dove si svolse tanta parte della sua attività missionaria e dove ha lasciato un ricordo incancellabile. A lui si deve la costruzione di una chiesa definita <grande e magnifica, la più bella di tutta la Cina. 

 


"FRANCESCO CHINI"


Monumento situato nel parco antistante la stazione ferroviaria di Trento, con le sembianze del "serpente piumato" del tempio di Quetzalcoatl a Teotihuacan. Sullo zoccolo c'è la scritta"Al padre Eusebio Chini della Compagnia del Gesù, il più grande esploratore del South West americano. Segno 1645 - Messico 1711"
 

Eusebio Francesco Chini fu il più caratteristico pioniere e missionario di tutto il Nord-America: esploratore, astronomo, cartografo, Costruttore di missioni e di fattorie, grande allevatore di bestiame e difensore delle frontiere. La sua vita non è solo quella di un individuo eccezionale: essa illumina la storia della cultura di gran parte dell'emisfero occidentale nella stagione pionieristica. Questa scultura si trova insieme ad altre nel grande parco comunale di piazza Dante, di fronte alla stazione ferroviaria. Eusebio Chini nacque a Segno in Val di Non e dopo aver studiato "grammatica" presso i Gesuiti a Trento, si trasferì dapprima in Austria, a Insbruck, per proseguire gli studi di "retorica". Nel capoluogo tirolese si ammalò gravemente. Chiede la grazia a San Francesco Saverio, l'apostolo delle Indie, di intercedere per la sua guarigione, promettendogli a risanamento avvenuto di recarsi come missionario nelle terre dell'Estremo Oriente. Ottenuta la guarigione nel 1665 verrà invece mandato dai suoi superiori come missionario a Cadice, nell'attuale Messico. L'opera di scienziato di questo Gesuita trentino fu vastissima; fu scienziato, astronomo, cosmografo, cartografo insigne, esploratore e fondatore di missioni, alle quali dedicò ogni sua fatica, apportandovi uno spirito nuovo, una concezione missionaria moderna




"Chiesa di S. Francesco Saverio"

Chiesa di San Francesco Saverio a Trento. Sopra il timpano del portale d'entrata si impone

la statua di S. Francesco Saverio



La chiesa di S. Francesco Saverio è un tipico esempio di di architettura barocca, il cui stile si impernia essenzialmente sulla monumentalità, sulla dinamica contrapposizione delle masse e dei volumi sulla concezione decorativa delle strutture. Un tipo di architettura alla quale ha dato un contributo interpretativo essenziale, sopratutto nel genere sacro, la Compagnia di Gesù. Possiamo senz'altro dire che l'ordine dei Gesuiti esercitò nei secoli XVI, XVII e XVIII la stessa funzione religiosa, politica e sociale svolta nel Medioevo dagli Ordini Cluniacense e Cistercense. Un valente architetto, nato a Trento il 1642, fu il gesuita Andrea Pozzo. Oltre che architetto questo insigne figlio di Trento, fu noto anche come valente pittore e teorico della prospettiva. Lui ha una sua attività continua e accanita, senza tregua e a causa di ciò ne andrà di mezzo la sua salute. Al Castello del Buonconsiglio è conservato un autoritratto di Andrea Pozzo, dove l'artista è ritratto col volto pallido, emaciato, non già di un uomo appena sessantenne, ma di un ottuagenario. A Trento, sua città natale, invia i disegni per la costruzione della chiesa di S. Francesco Saverio "apostolo zelantissimo" sono le sue parole "nel propagandare la religione cattolica e la luce dell'Evangelo in tutto il mondo". L'esterno di questa chiesa, con la sua facciata che chiude a Nord via Belenzani, non ci sembra dare l'esatta misura del temperamento artistico e dell'abilità compositiva del grande architetto e scenografo trentino.

 


Variano alquanto la monotonia della facciata in conformità allo stile Gesuita, il finestrone centrale, le diverse nicchie con statue di santi e la robusta impostazione del portale. Nell'interno della chiesa al contrario sono evidenti l'abilità e l'estro innovatore di Andrea Pozzo. Nell'unica grande navata, nei cui fianchi s'aprono ampie  cappelle alternate ad imponenti pilastri è riconoscibile il concetto iconografico ispiratore di Leon Battista Alberti, nella costruzione della chiesa di S. Andrea di Mantova, ad una sola maestosa navata sostitutiva delle tre in uso fino ad allora nelle chiese; ma su tali impostazioni strutturali Andrea Pozzo ha sviluppato la sua concezione e il suo gusto altamente originale. Gusto che si esplica nella "frantumazione" sinfonica di quei semplici e solenni ritmi di gusto albertiano, in vivaci e movimentatissime successioni di pilastri e logge, di colonne e nicchie, pittoricamente accentuate dalla ricca policromia dei marmi trentini e progressivamente intensificate fino a concludersi orchestralmente nella sinuosa conca absidale.

 

 



"LUIGI NEGRELLI"

Monumento dedicato al grande ingegnere trentino, sitonel parco dietro piazza Dante


 

Ingegnere, nato a Fiera di Primiero il 28 gennaio 1799, morto a Vienna il I ottobre 1858. Nel 1819 entrava come praticante nella Direzione edile provinciale del Tirolo e del Voralberg e l’anno seguente superava l’esame di stato di ingegnere civile. Col 1821 iniziò una lunga serie di lavori stradali in Val Pusteria e nella valle dell’Adige. Diresse quindi (1825) una sezione di ricerche idrografiche e si occupò della sistemazione del Reno fra il principato di Liechtenstein e il lago di Costanza. Nel 1832 il cantone di San Gallo gli affidò il posto di ispettore dei lavori stradali e idraulici: tre anni dopo passò a Zurigo, ingegnere capo della Kaufmannschaft, e vi costruiva strade, moli e il bel ponte del Duomo sul Limmat; nel 1839 era commissario federale nei cantoni Ticino, Vallese e Uri per i danni delle inondazioni e poi capo della commissione per la regolazione del Lint. In questo anno ideava la prima ferrovia svizzera (la Zurigo-Basilea) e studiava l’intera rete delle comunicazioni stradali, ferroviarie e dei canali navigabili della Svizzera. Nel 1840 ritornò in Austria ispettore generale delle ferrovie del nord e vi rimase fino al 1842 , aprendo all’esercizio la Vienna-Olomouce studiando la rete del Württemberg e gli allacciamenti tra Baden e Baviera. Nel 1842 collaborava all’istituzione della rete delle ferrovie di stato austriache. Al tempo stesso si occupava dei problemi ferroviari svizzeri e seguiva la costruzione delle linee che aveva progettato. Nel 1846 dirigeva i lavori delle ferrovie Beuthen-Leopoli-Brody e Leopoli-Czernowitz. Nel 1848, creato il Ministero dei lavori pubblici, fu chiamato a capo della prima sezione, carica che abbandonò presto, inviato commissario ministeriale nel Lombardo-Veneto a porre riparo alle devastazioni di strade e ferrovie dovute alla guerra. Nel 1849 era nominato capo della direzione superiore dei lavori inerenti a strade, acque, ferrovie e telegrafi stabilita a Verona; nello stesso anno era creato cavaliere dell’impero col predicato di Moldelba, in memoria d’un suo progetto di canale fra la Moldava e l’Elba e del ponte da lui costruito alla confluenza dei due fiumi. Nel 1850 fu nominato presidente della commissione per la navigazione del Po e nel 1852 commissario per la ferrovia centrale dell’Italia media; da tutte le ricordate cariche veniva esonerato nel 1855, perché ritenuto troppo favorevole all’elemento italiano, ed era richiamato a Vienna. Poco vi rimase; nel novembre di tale anno partiva per l’Egitto, incaricato di portare a termine gli studi sul canale di Suez, iniziati da lui fin dal 1838, e che l’avevano condotto a progettare un canale navigabile senza conche. Ritornato in Austria, era nel 1856 ispettore generale delle ferrovie. Continuava intanto occuparsi del canale, riuscendo a vincere le opposizioni mosse da ragioni politiche e sostenute dagli Inglesi con a capo R.. La morte immatura gli tolse la possibilità di trarre un qualsiasi vantaggio dal lavoro, che venne tradotto in atto da F. de Lesseps, al quale spesso viene dato il merito della parte tecnica del progetto, che è invece interamente del Negrelli.


 

 

" GIOSUE CARDUCCI "

 

Un altro monumento che si trova nei giardinetti di Piazza Dante è quello del poeta Giosuè Carducci. Il poeta nasce il 27 luglio 1835 a Valdicastello. Dopo essersi laureato alla Normale di Pisa, a soli 25 anni fu chiamato a tenere, presso l'ateneo di Bologna, la cattedra di letteratura italiana. Carducci, poeta, storico della letteratura e saggista nonchè prosatore, rappresenta una figura importante nella letteratura italiana, ed è stato il primo italiano a ricevere il premio Nobel per la letteratura nel 1906. Il riconoscimento più grande gli arriverà appena un anno prima della sua morte avvenuta a Bologna. Personaggio dal carattere deciso e in forte contrapposizione con la situazione politica del tempo: repubblicano convinto, combattè il papato e la monarchia, anche se, con il governo di Crispi tornò a sostenere le idee monarchiche. La città di Trento ha voluto onorarlo con questo mezzo busto di bronzo. 

 

"LA STRADA DEL VINO" 

La collina di Trento con i suoi dolci pendii vitati offre scorci di arcadica bellezza

 

Si può ben affermare che le vicende del Trentino dalla politica alla economia, dall'arte alla letteratura, dal folklore all'artigianato, siano per così dire incorniciate da tralci di vite e profumo dell'inebriante umore di Bacco. Certo il paese è prevalentemente montagnoso con i suoi ghiacciai le foreste e le valli; nelle plaghe agricole più elevate prende notevole consistenza l'attività zootecnica e in quelle più dolci e maggiormente soleggiate, coma ad esempio la Val di Non, predomina la frutticultura. La Val di Cembra è già segnata, in buona parte da terrazzamenti vitati, faticosa opera dell'uomo; nel Vezzanese e lungo la Val del Sarca, vediamo i vigneti e gli alberi da frutto incrociarsi frequentemente tra loro, intrecciando i tralicci di vite ai rami dei meli dei peri, dei ciliegi, dell'albicocco e del susino. La Valsugana alterna ancora filari di vite alle pannocchie di granturco e nella stessa Anaunia gli ultimi vigneti digradano a specchio sul lago di S. Giustina. Ed è sopratutto un ubertoso vigneto la Val D'Adige, cuore ed arteria principale del Trentino dove è accentrata quasi tutta la sua economia e fiorisce l'agricoltura più specializzata che, generazione dopo generazione, prosciugando e bonificando acquitrini, dissodando conoidi e pendii, ha trasformato questa grande valle in una splendida Valle del Vino. Anche se, per la verità, specie negli ultimi anni il vigneto si sposa anche qui sempre più frequentemente al frutteto e ad appezzamenti ortivi. Dalla chiusa di Salorno i vigneti tappezzano interamente il vasto triangolo alluvionale della "Plaga Rotaliana" chiamato una volta e giustamente "Il più bel giardino vitato d'Europa" e ricoprono il conoide di S. Michele all'Adige serpeggiano in densi filari lungo i fianchi orientali della vallata, raggiungono prima la zona di Sorni e di Lavis, poi i dintorni di Trento, dove dilagano sui declivi di Povo e Villazzano, le dolci colline, ricordate per i loro richiami viticoli ed enologici già nel lontano 1287, come si riscontra in un raro documento rinvenuto nell'archivio di Insbruck relativo ad un elenco di beni ed affitti della casa trentina dei Belenzani. Oltrepassato Trento ed i vigneti solatii del Gasteler, la vite ritorna a dominare la valle infittendosi da ambo i lati. Sul fianco sinistro dei Murazzi, ecco ancora 

 

 

l'ubertosa zona di mezza collina di Besenello e Calliano, sui terreni di riporto dolomitico calcarei e la zona collinare argillosa e calcarea di Volano, Rovereto e Lizzana. Oltre la conca di Rovereto i vigneti mitigano a Oriente, la sevaggia asprezza degli "Slavini di Marco" e le falde brulle e solitarie del monte Zugna da Serravalle a S. Margherita; a Occidente, rallegrano i terreni ondulati di Chizzola, S. Lucia e Pilcante. A Trento, situata nel mezzo di questa fertile vallata del vino e da sempre un grande centro enologico, ricorrono frequenti le allusioni alla sua particolare vocazione vitivinicola nella toponomastica negli antichi edifici pubblici e privati, in diverse chiese. Vicolo delle Orne, congiungimento di via Belenzani con via Oss Mazzurana, deriva il nome da una delle misure del vino in uso anticamente cioè il carro, l'orna e la berna trentina. Al Castello del Buonconsiglio, alla Torre dell'Aquila è prezioso uno dei cicli pittorici più belli di tutta la pittura medievale italiana, con la rappresentazione dei dodici mesi dell'anno. E tra i dodici riquadri, veramente delizioso ci sembra quello di ottobre, dove sono descritte le fasi della lavorazione dell'uva, dalla vendemmia alla torchiatura, all'assaggio del mosto e del vino novello. Anche la cattedrale di S. Vigilio è ricca di simboli e riferimenti alla vite all'uva e al vino. All'interno, l'Aquila di Trento stringe a se grappoli d'uva nella composizione in rame dorato alla base di ognuna delle quattro colonne tortili del fastoso baldacchino d'ispirazione berniniana. All'esterno tralci di vite, uva e pampini marmorei decorano le architravi di quasi tutti i portali, dal portale principale rivolto ad Ovest ad un altro su piazza Duomo al di sotto della lunetta con la figura del Cristo contornata dai simboli dei quattro evangelisti, alla porticina romanica di pietra bianca e rossa, verso la piazza d'Arogno, sovrastata dall'affresco della Madonna col Bambino. Tralci di vite, pampini e grappoli d'uva dai quali promana insistente il richiamo al fedele delle parole di Gesù ".... ....come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non resta nella vite, cosi neppure voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci........"

 

 

Indice Riferimento  ENIO HOME PAGE NEXT PAGE