in
Trentino
IL CASTELLO
DI STENICO
La loggia cIesiana con il "Palazzo
Vecchio".
Particolare del nucleo nord-
orientale |
Il Palazzo di Levante
è
invece il risultato della
sopraelevazione della struttura
delle antiche "case e casamenti"
esistenti nel XII-XIII secolo a
ridosso della cinta muraria merlata.
Il nucleo venne poi ulteriormente
manomesso, ai primi dell'Ottocento
(1836-1838), in occasione della
costruzione del nuovo corpo di
fabbrica,
di fronte all'ingresso, eretto dal
Governo austriaco per ospitare gli
uffici dell'lmperial Regio Giudizio
di Valle. Murata sulla facciata è
visibile una lapide funeraria
romana: [ V(ivus)] F(ecit)/M(arcus)
ULPIU(s)/ BELLlCUSNET(eranus)
LEG(ionis) / XXX U(lpiae)
V(ictricis) SIBI/ET SUIS.
L'iscrizione già citata da
Michelangelo Mariani nel
1673,
è
ascrivibile al II secolo d.C.
Una porta archivoltata, sovrastata
da tracce di un grande affresco,
ormai scomparso, e da una
loggetta
rinascimentale, immette al secondo
cortile, racchiuso a destra dal
Palazzo Nuovo ed a sinistra dal
Palazzo Vecchio.
Anteriormente
al rimaneggiamento clesiano, i
palazzi "Vecchio e Nuovo" erano
collegati tra loro da una torre, che
appare riprodotta nel riquadro del
mese di gennaio del "Ciclo dei
Mesi", affrescato sulle pareti di
Torre Aquila al Castello
del
Buonconsiglio a
Trento.
In fondo al secondo cortile si erge
il severo il Palazzo Hinderbach
fatto costruire nel 1477
dal Principe Vescovo Giovanni
Hinderbach, con la porta gotica
sovrastata da una lapide che reca le
insegne vescovi li e la scritta
|
|
|
IOHANNES.ANTISTES.TRIDEN/TINUS.FIERI.F(ecit). MCCCCLXXVII.
Dal secondo cortile,
superato un portale lapideo
archivoltato, si entra nella sala del Giudizio, un
vasto ambiente nel quale veniva amministrata la giustizia
dal Vescovo o dal suo rappresentante. Nel salone, diviso da
possenti colonne con capitelli cubici, si eleva un gradone
sul quale trovavano posto i giudici che vi accedevano dalla
piccola porticina ad arco acuto. Nel palazzo di fronte,
attraverso un portale gotico, si accede a due locali
contigui, illuminati da grandi finestre crociate. Dal
secondo cortile, superato il portale gotico sovrastato dallo
stemma del Principe Vescovo Hinderbach, si accede alle
grandi cantine voltate; in quelle a settentrione, le
più antiche, sono visibili le strette feritoie e
l'archibugiera d'angolo. Dall'atrio, salendo una scala in
pietra realizzata con gradini alternativamente bianchi e
rossi, cromia che riprende i colori araldici del Vescovo
Bernardo Cles, si raggiunge, al primo piano, la sala dei
Putti.
L'ambiente prende il nome dalle figure rappresentate sul
fregio affrescato che corre lungo le pareti: putti reggenti
cornucopie e vessilli, intercalati da figure di vecchi.
L'affresco, del quale non è noto l'autore, è completato
sulle pareti a settentrione ed a meridione, dagli stemmi del
Cles sormontati dal cappello cardinalizio.
Dalla sala dei Putti si passa alla Cucina, il locale
citato nel documento d'investitura concessa a Bozone da
Stenico nel 1163. Il locale, originariamente più basso, dove
sono visibili sulla parete ad Ovest le tracce delle antiche
aperture e le sedi delle travature lignee, venne
sopraelevato nel corso del XIV secolo, rispettando la grande
cappa ed il camino, la cui torretta è riportata
nell'affresco di Torre dell'Aquila. Dalla cucina si ritorna
nel corpo di fabbrica hinderbachiano, nello "studiolo del
Vescovo", decorato da un fregio affrescato con gli
emblemi clesiani, mentre le due finestrelle,
Sala dei Putti. Particolare del fregio con
lo stemma del P.V. Bernardo Cles ( sec.XVI)
Cappella.Particolare degli affreschi
medievali - Sala dei medaglioni
|
|
con doppia
inferriata, testimoniano la trasformazione in carcere
avvenuta nel XIX secolo. Ritornati nella sala dei Putti
si passa alla sala dei Graffiti, nel nucleo più
antico edificato sul colle di Stenico, le cui pareti
sono parzialmente coperte da curiose incisioni, e che
conserva una delle tre grandi finestre crociate
risalenti all'epoca di Giorgio di Liechtenstein. Un
vano scala interno, sul quale si aprono le porticine
delle
prigioni
e ricavato
sopra i resti del mastio, fiancheggiando la Torre
della Fune (XIV sec.), conduce nel piano superiore,
alla prima sala, un locale privo di decorazioni, dal
quale si poteva controllare ogni attività nella grande
sala del Consiglio, attraverso una piccola finestrella.
Passando nel corpo di fabbrica hinderbachiano si entra
nella sala del Camin nero che prende il nome dal
grande camino realizzato in marmo nero di Ragoli. Drappi
decorati a grottesche ed imprese clesiane, dai quali
emergono scene di battaglia, decorano il fregio
affrescato fatto realizzare dal Vescovo Bernardo Cles.
Il locale conserva le tracce delle aperture, con imbotte
decorata a fresco, antecedenti alle manomissioni
clesiane. Dalla sala del camin nero si ritorna
nell'edificio nord-occidentale, nella sala
dei
medaglioni. Il
locale conserva le tracce della sua evoluzione
stratificata: sulla parete ad Ovest sono visibili le
sedi d'appoggio delle travi di copertura del palazzo
(XII-XIV sec.); sulla parete a Sud sono visibili le
tracce del manto di copertura in lastre di pietra con il
gocciolatoio (XII sec.), affiancato
Sala dei medaglioni, fregio 1
Sala dei medaglioni, fregio 3
|
Sala dei medaglioni, fregio2
Sala dei fregi floreali, particolare |
|
Una delle tantissime mostre che si tengono nel
castello di Stenico, la mostra delle serrature e
delle chiavi nei vari srcoli. La chiave nel
medioevo: il Romanico XI è XII secolo
Le
forme dei manufatti di questo periodo sono
caratterizzate da forma leziose, da una eleganza
raffinata con estrose variazioni dei motivi
decorativi. Le serrature sono a scatola e
assemblate con dadi e viti, le bandelle
d'appoggio ampie e traforate del barocco si
riducono drasticamente.
da una
porticina (inizio XV sec.); sulla parete a Nord
rimangono le tracce della decorazione gotica a
fresco che ornava il locale anteriormente alla
sopraelevazione realizzata nel XIV secolo.
La sala venne fatta decorare dal Cles con un
grande fascione affrescato: finte lastre di
marmo sono ornate da rami pendenti con foglie e
frutti e alternate da colonnette a candelabre.
In ogni lastra si apre in prospettiva un foro
circolare dal quale emergono le allegoriche
figure femminili delle arti liberali e delle
virtù, sontuosamente vestite nei costumi
dell'epoca. Sulla lastra centrale, l'immancabile
stemma clesiano, mentre fasci di verghe e rami
incrociati d'alloro e di palma ornano i vani
delle finestre. Dalla sala dei Graffiti si
giunge nella sala del
Consiglio,
al primo piano del Palazzo
Nuovo. Anteriormente alle trasformazioni
clesiane, l'accesso alla sala, con quota
pavimentale più elevata, avveniva attraverso una
porticina gotica. Nel salone, sulla parete ad
Est, vi è un grande affresco, opera del tedesco
Giacomo Staudenfuchs, che rappresenta Carlo
Magno, san Vigilio ed il Vescovo Alberto o
Adelpreto. Parzialmente cancellato dal tempo,
reca la data 1473 ed un'iscrizione: CAROLUS
MAGNUS DONO DEDIT, SANCTUS
VIGILIUS
EPISCOPUS ACCEPIT, AlBERTUS PRIMUS CONSTRUXIT,
JOHANNES EPISCOPUS IN MEMORIAM FUTURORUM FIERI
FECIT, IACOBUS STRAUDENFUCHS DIPINXIT SUB ANNO
D.NI MillESIMO CCCClXXIII, PRIMA DIE MENSIS
NOVEMBRIS. Usciti dalla sala, si giunge alla
rinascimentale
loggia
clesiana, voluta dal Vescovo Bernardo Cles, il
cui stemma, sormontato dal cappello cardinalizio
recante la data del 1538, è scolpito in volta.
Sulla parete a meridione è murata una lapide
commemorativa, a ricordo del codice giudiziario
redatto dal consigliere aulico Francesco Vigilio
Barbacovi da Taio per il Principe Vescovo Pietro
Vigilio Thun
(1776-1800).
Dalla loggetta si accede alla sala 18delle
guardie, locale che conserva le tracce del
cammino di ronda, che si sviluppava all'interno
della struttura muraria difensiva e del quale è
visibile il piano di calpestio e l'antica porta
ogivale che immetteva nel locale. Dal
camminamento due finestrelle permettevano,
anteriormente alla costruzione del corpo di
fabbrica ottocentesco, il controllo del
sottostante primo cortile. Dalla quattrocentesca
sala delle guardie, si raggiunge la contigua
19 sala dei
fregi floreali, al primo piano del Palazzo
Vecchio. Qui è conservato parte del soffitto
originale in travature lignee decorate, mentre
le pareti sono ornate da due ordini di fregi. In
quello superiore le imprese clesiane si
alternano a grottesche, mentre nel registro
inferiore fiori di varie specie campeggiano su
un cielo azzurro. Il ciclo è databile tra il1517
ed il 1525, anni nei quali il Capitano del
castello era Giacomo Cles, fratello del Principe
Vescovo, le cui insegne, unitamente a quelle
della moglie
Regina
Trautsmansdorf, sposata a Caldaro nel 151O,
appaiono dipinte sulla parete a levante del
locale. Sulla parete opposta, parzialmente
distrutte dall'apertura di una finestra, sono
visibili le insegne, sormontate dalla mitria,
del Vescovo Bernardo Cles. Dalla sala delle
guardie si accede al primo piano dell'edificio
nuovo, costruito dal Governo austriaco, tra il
1836 ed il 1838, per ospitare gli Uffici
dell'lmperial Regio Giudizio e dell'lmperial
Regio Ufficio delle Imposte con le annesse
abitazioni per gli impiegati. Nel primo locale è
visibile parte del paramento murario esterno del
complesso castellano principesco-vescovile, con
l'intonaco decorato a grandi pietre squadrate.
In fondo al corridoio si raggiungono i locali al
primo piano 21 del palazzo di levante. Nel corpo
di fabbrica, ottenuto con la sopraelevazione
delle "case e casamenti", già proprietà
allodiali di Bozone da Stenico, è visibile la
struttura merlata della cinta muraria
duecentesca. Gli elementi lapidei che
incorniciano le aperture interne, con
l'architrave ornato dalle imprese o dallo stemma
clesiano, provengono dal vicino palazzo
vescovile, dal quale furono asportati e
riutilizzati in occasione della trasformazione
ottocentesca.
Dal primo cortile, attraverso un andito con la
volta sorretta da rozzi capitelli lapidei, si
accede alla cappella di S. Martino. L'ambiente è
il risultato di sovrapposti rimaneggiamenti: su
una preesistenza di epoca tardocarolingia venne
eretta, sullo scorcio del XII secolo, una
chiesetta romanica, trasformata successivamente
in stile gotico. A pianta rettangolare, divisa
in due campate dalle volte a crociera con
costoloni, essa conserva sulla parete a
settentrione affreschi riportati alla luce
durante i restauri, databili tra la fine del XII
secolo e l'inizio del XIII, raffiguranti
l'Annunciazione, la Natività e la Crocifissione
nel registro superiore, una teoria di santi in
quello inferiore e, sulla parete di fronte, una
figura maschile a cavallo. Sulla parete di fondo
rimangono i resti di un affresco trecentesco
raffigurante il Crocifisso tra la Madonna e
Santi. Di fronte alla cappella si trova un
locale voltato e dotato di feritoie con le
pareti incise da graffiti, testimonianza della
sua antica destinazione a prigione. Il corti
letto sottostante il Palazzo di Levante, nel
quale sono visibili i resti del piano
fondazionale dell'absidiola semicircolare della
cappella di S. Martino, venne realizzato durante
i lavori di trasformazione operati dal Governo
austriaco, ricaricando con macerie la cinta
muraria duecentesca.
O Nel terzo cortile, la cui cinta venne ampliata
nel corso del XV secolo, sorge la Torre dei Birri. In
pietrame a vista, ospitava nel primo locale a
piano terreno il grande forno per il pane, del
quale rimane l'imboccatura. Al piano superiore
le pareti dei locali ancora oggi sono coperte da
graffiti e scritte incise dai birri che la
occuparono.In fondo al cortile, in alto, rimangono le
tracce di una finestrella e della porta murata
di . una torre d'angolo, che anticamente
ospitava la fucina, nella quale il
fabbro-armaiolo
del
castello affilava e realizzava asce e frecce. Da
una porticina, che si apre nella cinta muraria
esterna, è Q visibile il giardino con un
piccolo pozzo per la raccolta delle acque,
racchiuso da una cinta muraria, un tempo
merlata. Nelle sale
sono esposte numerose opere provenienti dalle
collezioni del museo "Castello del
Buonconsiglio. Monumenti e collezioni
provinciali", di cui il Castello di Stenico è
sede distaccata. Nella serie di quadri si
segnalano il Ritratto di ecclesiastico,
attribuito a Francesco Sebaldo Unterpergher
(Cavalese, 1707- 1776), il Ritratto di
nobildonna di Giovanni Nepomuceno della
Croce (Pressano, 1736 - Linz, 1819) e il
Ritratto di Antonio d'Antoni attribuito
a Giambattista Lampi (Romeno, 1751 - Vienna,
1830). Di grande interesse anche la Natura
morta con cacciagione (XVIII secolo) e
la Sacra Famiglia con sant'Anna e
angeli (XVIII secolo). Nel
Castello sono inoltre conservati cassoni
trentini del XVI- XVII-XVIII secolo, tavoli,
seggiole, un inginocchiatoio e alcune culle del
XVII secolo. Notevole la raccolta di antichi
utensili di uso quotidiano, secchi in rame,
ramaioli, stampi per dolci, piatti in maiolica,
bilance - sempre provenienti dalle collezioni
del Castello del Buonconsiglio -, ai quali si
aggiunge la ricca collezione di armi antiche,
spade, pistole e fucili del XVII-XIX
secolo.
|
|
|
|