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CHIESE DI SANTA CHIARA & SS. TRINITA'

Le "donne povere", denominate Clarisse, dopo la morte di Santa Chiara, giunte a Trento rimasero nella zona poco salubre di San Apollinare, aspettando una nuova dimora e nel nel 1235 passarono al monastero di San Michele Arcangelo, sulla via Veronensis, prospiciente la piazzetta dell'antico borgo di S. Croce. Quì specialmente nei primi secoli condussero una vita di stenti, sia per le guerre e le continue lotte che agitarono la città e il contado, sia per i numerosi straripamenti del vicino torrente Fersina, e sia infine per le ingiuste e gravose tassazioni. Santa Chiara ha origini antiche. Ma l'antichità della chiesetta risulta evidente, dopo il completamento del lungo restauro iniziato nel 1928, anche dal tipo di pianta e dal carattere del suo ambiente, di un'estrema semplicità e privo di ogni pur minimo alemento decorativo; un modulo di costruzione riferibile in un certo senso ai comuni e alle possibilità dell'arte romanica primitiva, dalla quale, qui a Trento, abbiamo una traccia nelle costruzioni del XI

 

 

La chiesetta di S. Chiara con il campaniletto

 e due ordini di bifore

secolo, successivamente   inglobata nel Castelletto  Vanghiano. Molti passando lungo la tumultuosa via S. Croce, si fermano davanti alla chiesa di S. Chiara chiedendosi il perchè dei suoi due diversi aspetti esterni, nella parte esterna meridionale, dove una cordonatura sporgente a mezzo della facciata, divide la semplice e massiccia cortina romanica sottostante dalla  parte superiore. Nel 1673 il tempietto, secondo quanto il Mariani   scriveva , aveva già perso, sotto i vari rifacimenti il suo carattere primitivo per     


un  aspetto barocco, secondo il gusto del momento. Il barocco infatti vuole nelle chiese, più che misura e semplicità, sfarzo e senso di grandiosità, per cui non è più tollerabile il misero volto della chiesa di S. Chiara in buona parte già interrata dal materiale depositato dal Fersina tutt'intorno, tanto da rendere necessaria l'aggiunta di alcuni scalini per raggiungere il pavimento interno. Le mutazioni radicali della chiesetta avvengono dunque nel Seicento, ma i lavori continueranno fin verso la prima metà del Settecento. Si incominciò coll'innalzare le pareti, sopraelevandone quindi la copertura, si chiude con una rozza muratura l'antico rosone romanico al disopra del portale, si demolisce la vecchia abside semicircolare per costruirne al suo posto una di forma rettangolare e di più vaste proporzioni; si accecano le mnofore romaniche e si intonacano tutte le pareti fino ad allora di viva pietra. Viene innalzato unitamente alla chiesa, il campaniletto alla sua sinistra, intonacando anch'esso e mutando

 

Ingresso della chiesetta di S. Chiara

 

la sua bifora originale per paura che l'aumento di peso possa danneggiare la stabilità della torretta. Dopo tutte queste trasformazioni, poco o nulla rimane ormai dell'antico aspetto della costruzione. La si dota di porte, di altari, di una vasta gamma di ornamenti, eseguiti tutti come abbiamo già detto, nello stile di allora in voga, il barocco. Nel 1928, nel dare inizio ai restauri è stato deciso di non cancellare le sovrastrutture barocche, ma di lasciare al loro posto il coro, i due altari laterali, le porte, le lesene e le cornici alle pareti, levando solo la poco pregevole e ingombrante cantoria di legno e i due massicci confessionali. Le cornici e le lesene sono state poi tinteggiate con un colore più sobrio. Levando tutto l'intonaco è affiorata la struttura muraria romanica ancora in eccellente stato di conservazione. Sono emerse le eleganti linee dell'arco trionfale che unisce la navata al coro. L'ambiente ne ha guadagnato in spazio e luminosità assumendo un aspetto più severo e dignitoso, dove non nuoce certamente la convivenza, l'uno accanto all'altro dei due stili così diversi, il romanico e il barocco. Anzi la loro presenza riesce felicemente a mettere in evidenza le caratteristiche salienti di questi due momenti dell'arte, esaltandone maggiormente i contrasti. Per quanto  

 

riguarda la parte esterna, si è voluto marcare la divisione fra parte antica e parte aggiunta dopo, anche con quella specie di grondaia che, sulla facciata principale intende accennare al timpano della chiesa originaria e sulla parete meridionale da pure risalto al vecchio e al nuovo. Un lavoro simile è stato fatto con il campanile  adiacente, col levare l'intonaco dalla pietra della parete antica, con il riaprire la bifora, posta una volta quasi alla sommità della sua muraglia, col distinguere infine mediante un giro di tegole sporgenti la parte inferiore originaria della superficie lasciata volutamente ad intonaco. Oggi sostiamo un pò raccolti all'interno della semplice chiesetta, riportata ad un decente stato di

conservazione,ci pare proprio 

di vederla com'era ai tempi della sua prima giovinezza, col soffitto a travature lignee, con l'abside semicircolare conclusa dall'arco trionfale, con l'unica navata delicatamente illuminata dalle monofore romane.

 

CHIESA DELLA SS. TRINITA'

 

E' una chiesetta rinascimentale che ti appare appena attraversata la via Calepina, proprio dietro le Poste Centrali. Sulla sua facciata figura ancora entro una nicchia il gruppo marmoreo della SS. Trinità. L'interno di questa chiesa, molto semplice, contiene due altari settecentesci esistenti fino al 1963 nelle absidi Nord e Sud del Duomo di Trento, dedicati rispettivamente all'Immacolata ed a S. Messenza. Chiesetta molto frequentata all'epoca del Concilio da uomini d'armi, di cultura e di culto, attratti dalla grazia e tranquillità dell'ambiente. Al suo interno c'è una lapide a ricordo della costruzione del convento delle Clarisse fra il 1525 e il 1528 da parte dei fratelli Antonio e Giovanni Roberto a Prato. La chiesa ospitò per oltre un secolo la famosa pala d'altare di Marcello Fogolino "Maria Vergine col Figlio in atto di sposare S. Caterina d'Alessandria". Il dipinto oggi si trova nella sala grande del Magno Palazzo. Una calamità riunì per qualche tempo nel convento della SS. Trinità i due rami delle Clarisse di Trento. Le Clarisse urbanistiche ospitarono sotto il loro tetto le consorelle riformate, allorchè queste rimaste, dopo la scissione dell'Ordine nel primitivo conventodi borgo S. Croce, dovettero scappare dalla loro sede investita da una alluvione del Fersina. Queste ultime ricambiarono nel 1792 alle Clarisse urbaniste il favore ricevuto accogliendole a loro volta nel convento S. Chiara, in seguito alla chiusura definitiva del complesso monacale della SS. Trinità. Per pochi anni però, in quanto nel 1796 se ne dovettero andare tutte, dovendo cedere la loro dimora, prima all'esercito imperiale e poi alle truppe francesi. Ritornate  ancora nel 1799 lo abbandonarono definitivamente nel 1804 trasferendosi al convento delle Laste. Nel 1810 il governo bavarese decretò la soppressione di tutte le case religiose 

 

Il gruppo marmore sopra il portale d'ingresso 

 

esistenti a Trento; e alle Clarisse fu addirittura impedito di portare l'abito religioso. Davanti alla chiesa della SS. Trinità e al vicino palazzo a Prato ( le attuali Poste ) si ammassarono la mattina del 13 dicembre 1545 quattro cardinali, quattro arcivescovi, ventuno vescovi, cinque generali di Ordini religiosi, quarantadue teologhi, otto dottori in legge, molti oratori di principi e sovrani, una moltitudine di nobili tridentini, di popolo minuto, di clero e, salmodiando iniziarono la processione di apertura del grande Concilio ecumenico tridentino. Nell'atrio del palazzo delle Poste in via SS. Trinità, la processione di apertura del concilio è ricordata da un grande affresco del pittore Bonazza dipinto nel 1933.

 

 

Per le notizie si ringrazia GIAN MARIA RANZI che ha meravigliosamente descritto questi e tantissimi altri eventi della città di Trento nel suo grandioso libro " Il volto di Trento " di cui consiglio vivamente l'acquisto. Sopratutto se si è amanti della nostra bellissima città ricca di storia e di tradizioni. Le foto sono state scattate con una olympus c-3 digitale il mese di novembre del 2004 a Trento.


 

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